di Carlo Mazzacurati con Silvio Orlando e Corrado Guzzanti
Il regista padovano racconta con i toni della commedia il blocco creativo di un regista costretto a dirigere la Sacra Rappresentazione del Venerdì Santo con una scombinata banda di collaboratori che mettono a dura prova la sua carriera e la sua salute mentale...
Passati cinquant’anni, essere un regista emergente diventa un problema. Ne sa qualcosa Gianni Dubois (Silvio Orlando), che non fa un film da anni, e adesso che avrebbe la possibilità di dirigere una giovane stella della tv non riesce nemmeno a farsi venire in mente una storia. Come se non bastasse, una perdita nel suo appartamento in Toscana ha rovinato un affresco del Cinquecento nella chiesetta adiacente. Per evitare una denuncia e una pessima figura, Gianni deve accettare la bizzarra proposta del sindaco del paese: dirigere la sacra rappresentazione del venerdì santo in cambio dell’impunità. Così si ritrova a passare una settimana nella Toscana più profonda nel tentativo di mettere in piedi una specie di Via Crucis, con gli apostoli, Ponzio Pilato, la crocifissione, e un pessimo e vanitosissimo attore locale nella parte di Cristo (Corrado Guzzanti). Ma deve anche pensare al film per Flaminia Sbarbato (Cristiana Capotondi), la diva del piccolo schermo che non ne può più di aspettare. Quando tutto sembra sfuggirgli di mano, Gianni incontra Ramiro, un ex galeotto appassionato di teatro, pieno di buona volontà e spiantato quanto basta. Le cose sembrano prendere la strada giusta, ma non per molto: un brutto litigio con Flaminia manda all’aria il film, mentre Ramiro svanisce rapidamente nel nulla lasciandolo solo. Grazie ad un ultimo colpo di scena, però, Gianni Dubois riuscirà per una volta a combinare qualcosa di buono.
E’ stato per me un film molto personale, intimo, anche difficile da fare. A dire il vero all’inizio questa storia non era nata per essere un film. Era semplicemente un racconto orale che ogni tanto mi capitava di fare. Penso che sia per questo che ha un incedere più libero e caotico. Ma è proprio dal caos che questa storia trova un senso e alla fine anche una dignità. Parla della paura di creare e del blocco che nasce da questo, ma anche di questo strano paese che sembra dover toccare ogni volta il fondo per trovare la forza e le idee per riscattarsi. Alla fine sarà l’arte che salverà dalla catastrofe. Nella “Passione” ci sono personaggi che sento molto vicini. Sono esseri che per sensibilità o inadeguatezza sono esposti più di altri alle difficoltà della vita. A volte fanno sorridere, a me per lo più commuovono.